domenica 21 marzo 2010

Solitudini




Sono le sei di sera, il profumo dell'aria disinfetta le narici.

Dalla finestra vedo un tipo smilzo, dimesso e dismesso dalla sua vita, o da quel che nè rimane. Scivola via con il solo rumore del suo trolley a fargli compagnia. Chissà dove và. Attorno al reparto è un via vai di furgoni griffati dalla polizia penitenziaria. In cinque persone afferrano dita molli, la sproporzione tra le forze in gioco mi contorce.

Chiudo la finestra come fosse una parentesi e mi siedo a guardarti, mi allungo sul tuo letto ti sfioro i capelli a svelare il tuo sorriso incontaminato. Mi avvicino al tuo viso per sentirne il respiro caldo e profumato. Sei ancora sopita dalla chimica nelle tue vene, altra cosa rispetto al reparto quì di fronte. Inizio a piangere senza saperne il motivo, la mente rimbalza e gli occhi sono gonfi e la gola sussulta di singhiozzi epurati.

Ormai sono le otto, e tu ancora dormi ma il tuo sorriso mi lascerà per ultimo. Ti lascio e ti saluto. Domani mattina verrò a prenderti, il tuo trolley lo prenderò io, e non farà alcun rumore. Poi ti racconterò che vedevo dalla tua camera, fronte reparto infettivi.