Sono le due di notte. Non è freddo questo settembre.
Le mani tra le ginocchia sorprendono il mio sonno.
Mi svegliano intorpidite tra le ossa magre.
Strofino le palpebre psichedeliche.
Luci, ombre e bagliori si mescolano a brutti sogni ancora in onda.
Ma sono le due, non ho ancora sognato.
Mi siedo al buio, lontano dalla luce,
quella che magari alla stessa ora ti ha portata via.
Sangue uguale al mio. Mi allungo sul tappeto,
fino a risultarne una trama smagliata.
Con rasoi conficcati come rimorsi e quest'ultimo insuccesso: manco l'ultimo saluto. Allora starò sveglio ogni notte alla stessa ora,
a pensare stratagemmi e autodifese: gli strani attrezzi di chi,
in qualche modo ancora vive.