sabato 14 febbraio 2009

Canapè




I cosiddetti “atei devoti” rappresentano, insieme ai punkabestia e ai tatuati, uno dei più singolari fenomeni antropologici della nostra epoca. Tanto che il marketing sta studiando, come per i gay, una serie di proposte commerciali apposite. Si va dalle vacanze a Lourdes e Fatima, ma con accompagnatrici ninfomani, a cappelle laterali riservate, nelle chiese, per seguire la Messa fumando sigari cubani sdraiati su comodi canapé e leggendo “Chi”. In realtà, secondo alcuni studiosi, gli atei devoti non sarebbero che una variante più trendy di un gruppo sociale numerosissimo in Occidente, quello dei cristiani che se ne fottono. Gli autentici iniziatori dell'ateismo devoto furono alcuni papi rinascimentali, che trombavano come ossessi prima e dopo ogni cerimonia religiosa e facevano il bagno nelle tinozze di monete d'oro come zio Paperone. Soltanto uno di loro, un Borgia salito al soglio con il nome di Papa Silvio I, nominò Dio in una sua enciclica, ma era solo un'esclamazione (“Dio, quale maraviglia le femmine ignude e il mio Kaka che fa gol a San Siro!”). Si badi bene, agli atei devoti non è mai fottuto nulla dei temi etici, infatti la loro smania di infilare corpi estranei nei corpi altrui, e solo un mezzo neanche troppo velato, di ribadire i loro deliri di onnipotenza.